Il ruolo del medico di medicina generale nella cura del paziente anziano

Il ruolo del medico di medicina generale nella cura del paziente anziano

Il progetto formativo "A piccoli passi: il ruolo del medico di medicina generale nella cura del paziente anziano", promosso dal Provider ecmclub, prevede cinque Talk Show FAD, disponibili fino a dicembre 2025, per un totale di 40,5 crediti ECM per il medico chirurgo e il farmacista territoriale

In questo primo articolo di presentazione del Talk show iniziale, il Prof. Claudio Ferri, Direttore U.O.C. di Medicina Interna e Nefrologia, Centro di eccellenza ESH per l’Ipertensione Arteriosa e la Prevenzione Cardiovascolare, Ospedale San Salvatore, L’Aquila e il Dott. Andrea Zanchè Medico di Medicina Generale, Coordinatore Macroarea Cronicità SIMG Pescara, illustrano, con un approccio multidisciplinare, la gestione del paziente anziano in ambito cardiovascolare, metabolico e cronico, attraverso aggiornamenti ed evidenze scientifiche recenti, fornendo strumenti pratici per una gestione ottimale integrata del paziente anziano in termini di miglioramento della qualità di vita e riduzione del rischio di complicanze

Il paziente anziano e la gestione del continuum cardiovascolare

Quali sono le condizioni che devono essere valutate in questo paziente?

Ferri sostiene che andrebbero valutate in realtà tutte le condizioni cliniche, poiché il paziente anziano presenta spesso più patologie croniche, molte delle quali che coinvolgono il sistema cardiovascolare. Paradigma è la bronchite cronica ostruttiva, ormai diventata una patologia respiratoria ma anche di tipo cardiaco e renale. Un esempio paradigmatico è la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), oggi considerata non solo una malattia respiratoria, ma anche una condizione con implicazioni cardiache e renali.

Qual è il ruolo del medico di medicina generale nei confronti di questa popolazione?

Il medico di medicina generale (MMG) ha un ruolo chiave nella presa in carico globale del paziente anziano, considerando anche fattori sociali e psicosociali. Il rischio cardiovascolare va valutato non solo con parametri clinici ma anche attraverso strumenti semplici di stratificazione e metodi di valutazione della fragilità. La prevenzione primaria e secondaria deve proseguire anche in età avanzata, inclusa la prescrizione di farmaci come statine, antipertensivi o antiaggreganti, quando indicati.

Che cosa si intende per stress psicosociale e qual è il suo impatto?

I fattori psicosociali come povertà, isolamento, scarsa istruzione e stress familiare o lavorativo hanno un impatto rilevante sul rischio cardiovascolare, soprattutto nell’anziano. Nonostante ciò, sono spesso sottovalutati. L’anziano, al pari del giovane, deve seguire uno stile di vita sano e gestire i fattori di rischio, compresi quelli legati al vissuto personale. La solitudine, la difficoltà nell’assunzione regolare delle terapie e l’assenza di supporto possono compromettere l’efficacia dei trattamenti.

La fragilità è un concetto complesso che dipende non solo dall’età anagrafica, ma anche da condizioni biologiche e sociali. Nell’anziano è spesso associata a decadimento fisico e cognitivo. L’aderenza terapeutica è un aspetto cruciale, da supportare con una comunicazione efficace e un coinvolgimento familiare. Il trattamento con più farmaci richiede attenzione e chiarezza nelle istruzioni terapeutiche. L’MMG deve monitorare l’effettiva assunzione dei farmaci per garantire l’efficacia delle cure.

La metanalisi Fidelity, che unisce i dati degli studi Figaro e Fidelio, ha evidenziato come il finerenone, un nuovo anti-aldosteronico, risulti efficace nel ridurre gli eventi cardiovascolari, lo scompenso cardiaco e il peggioramento della funzione renale, indipendentemente dall’età del paziente. Tuttavia, lo studio ha anche mostrato che la sospensione dell’acido acetilsalicilico in alcuni pazienti anziani ha determinato un rapido aumento degli eventi cardiovascolari. È importante ricordare che l’antiaggregante non è adatto a tutti: in presenza di una storia di patologie gastrointestinali, è necessario adottare strategie alternative per evitare il rischio di emorragie. Nel caso dell’acido acetilsalicilico, l’impiego a scopo antiaggregante non è indicato per tutti i pazienti. In presenza di un’anamnesi positiva per patologie gastriche o duodenali, è opportuno optare per una strategia alternativa, poiché il rischio di sviluppare un’emorragia gastroduodenale risulterebbe aumentato.

Stratificare il rischio nei pazienti a basso o moderato rischio cardiovascolare

La maggior parte della popolazione rientra in una fascia di rischio cardiovascolare lieve o moderato. Per gestire al meglio questi pazienti, l’MMG deve poter disporre, già nel proprio ambulatorio, di strumenti di diagnostica di primo livello. Tra questi: l’elettrocardiogramma, utile per individuare precocemente eventuali danni d’organo; la misurazione dell’indice braccio-caviglia, che consente di diagnosticare l’arteriopatia periferica confrontando la pressione sistolica a livello del braccio e della caviglia; e, per chi ha una formazione specifica, anche l’ecografia carotidea. In questo contesto, è fondamentale ricordare che il cuore non va valutato solo in base all’età anagrafica, ma anche secondo la sua “età funzionale” o biologica. È quindi necessario considerare l’aspetto generale del paziente, i sintomi riferiti, gli esami strumentali e il vissuto quotidiano. Accanto alla valutazione del rischio, un altro aspetto cruciale è l’aderenza terapeutica. Anche la terapia più efficace, validata da solide evidenze scientifiche, è inutile se il paziente non la assume correttamente. Garantire che i trattamenti vengano compresi, accettati e seguiti è parte integrante del lavoro del medico di famiglia, che ha la responsabilità di accompagnare il paziente nel lungo percorso della prevenzione e della cura.

Come si può definire la popolazione che fa oggi riferimento al MMG?

La popolazione che oggi fa riferimento al MMG è caratterizzata da un progressivo invecchiamento e da una crescente eterogeneità culturale ed etnica. In Italia, quasi un quarto della popolazione ha più di 65 anni, e il rapporto tra popolazione in età attiva (15-64 anni) e popolazione anziana è tra i peggiori in Europa. La classica piramide demografica si è trasformata in una figura trapezoidale e, secondo le proiezioni ISTAT, tenderà sempre più verso una piramide rovesciata, a causa del calo della natalità.

Il MMG deve quindi affrontare un duplice compito: da un lato saper comunicare in modo empatico e personalizzato con ciascun paziente, trovando il giusto tono di voce e linguaggio del corpo per costruire un rapporto di fiducia; dall’altro, adattare l’approccio clinico alle nuove caratteristiche della popolazione assistita. Questo significa considerare non solo l’età avanzata e le comorbidità, ma anche i diversi profili genetici, culturali e linguistici dei pazienti stranieri, il cui numero è in costante aumento. Differenze etniche possono comportare livelli di rischio cardiovascolare diversi, mentre la scarsa conoscenza della lingua italiana può rappresentare un ostacolo concreto alla diagnosi e alla presa in carico, rendendo le visite più complesse e impegnative. In questo contesto, il ruolo del medico di famiglia diventa sempre più centrale, richiedendo competenze non solo cliniche, ma anche comunicative, relazionali e interculturali.

Quali sono le cause di mortalità in Europa e in Italia?

I dati della mortalità indicano che la popolazione italiana muore essenzialmente a causa di patologie cardiovascolari.
La mortalità indotta da patologie cardiovascolari è maggiore nelle donne rispetto agli uomini, il 37% rispetto al 31%.
La principale patologia cardiovascolare è la patologia ischemica arteriosa del distretto coronarico, quindi sostanzialmente la cardiopatia ischemica. La donna è protetta durante l'età fertile, sostanzialmente dagli ormoni e dagli estrogeni, con un vantaggio di circa una decina di anni rispetto all'uomo, cioè l'uomo è colpito da patologie cardiovascolari circa dieci anni prima rispetto alla donna. Quando però si manifesta la menopausa, ad esempio nell'ambito dell'infarto acuto del miocardio, la modalità di presentazione dei sintomi in una donna può essere molto più subdola, molto più sfumata, e può sfuggire all'attenzione. Questo determina una sottovalutazione dei fattori di rischio cardiovascolare e poi, in ambito scientifico, le donne sono state storicamente sottorappresentate nei trial clinici randomizzati, una tendenza che si sta oggi sicuramente correggendo. Nell'ambito delle patologie croniche del sesso femminile abbiamo anche una maggiore prevalenza di ansia e depressione, e una maggiore prevalenza di patologia tiroidea. Si osserva quindi una transizione demografica nella popolazione generale e un progressivo invecchiamento anche a livello arterioso.

Importanza della prevenzione del continuum cardiovascolare

Uno studio su gemelle monozigoti mostra con evidenza l’impatto dello stile di vita sulla salute: pur avendo lo stesso patrimonio genetico, una delle due appare visibilmente più invecchiata a causa del fumo (30 sigarette al giorno). Un secondo esempio riguarda la popolazione degli indiani Pima: nei primi del Novecento, erano agricoltori attivi e magri, mentre oggi presentano tassi molto elevati di obesità e diabete. Il cambiamento radicale nello stile di vita e nell’alimentazione — da una dieta tradizionale a quella tipica dei fast food — ha avuto un impatto devastante sulla loro salute. Questi esempi dimostrano quanto la prevenzione, intesa come promozione di abitudini salutari, sia cruciale anche a parità di predisposizione genetica.

Ma ha davvero senso modificare lo stile di vita di un paziente anziano?

Modificare lo stile di vita ha senso anche in età avanzata, e i dati lo confermano ampiamente. È fondamentale però lavorare sull’aspetto motivazionale: ad esempio, far comprendere a un paziente anziano ancora in buona forma che continuare a fumare o trascurare le terapie potrebbe compromettere la sua qualità di vita e condurlo rapidamente verso la multimorbilità.

Il MMG ha un ruolo privilegiato, seguendo il paziente nel tempo e potendo incidere concretamente sulle sue scelte di salute. Nella prevenzione primaria, strumenti come le carte del rischio cardiovascolare permettono di stimare la probabilità di un evento nei successivi dieci anni, facilitando l’identificazione dei soggetti da trattare in modo mirato. La prevenzione secondaria, invece, mira a ridurre il rischio residuo dopo un primo evento cardiovascolare, evitando ricadute potenzialmente fatali. Per essere efficace, richiede una forte integrazione tra medicina generale e specialistica, costruendo un percorso condiviso e continuo di presa in carico del paziente anziano.

Conclusioni

Ogni anno, in Italia, si ammalano e muoiono 250.000 persone a causa di malattie cardiovascolari evitabili.
È quindi necessario:

  • Valutare accuratamente il continuum cardiovascolare e stressare l’importanza della prevenzione primaria e secondaria

  • Attuare un approccio terapeutico integrato per ridurre il rischio cardiovascolare globale

  • Stilare nuove linee guida e valutare le terapie emergenti per la protezione cardiovascolare nell’anziano

  • Gestire le co-morbidità cardiovascolari complesse

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Angelolannutti@gmail.com
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Ottima relazione!!!